I MONACI KADAMPA, quelli della tradizione antica, fondata nel XI secolo dal Maestro Atisha

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chi sono i monaci Kadampa, quelli della tradizione antica, fondata nel XI secolo dal Maestro Atisha?

Oggi molti di loro si sono ritirati a vita monacale, di altri sappiamo qualche cosa di vago, ma benchè molti giovani non sappiano più molto di loro, la loro storia resta nel cuore e nella mente di chi li ha conosciuti o ne ha studiato le gesta.

Nei secoli passati, molte erano le persone, soprattutto giovani che, avendo sentito parlare degli insegnamenti particolari dei MONACI KADAMPA si mettevano in fila per essere accettati nei loro monasteri in Tibet, soprattutto ai confini con la Mongolia.

Benchè fosse ben risaputo che la disciplina in quegli antichi monasteri fosse dura, i risultati ottenuti con quegli insegnamenti facevano gola a molti.

Proprio da quei monasteri erano usciti personaggi molto particolari, dotati di quelle che si possono definire “arti magiche” a livelli impensabili e le cui gesta erano ormai conosciute da tutti in Tibet.

L’essere in grado di manovrare la materia a proprio piacimento e quasi indiscriminatamente era troppo interessante per moltissime persone, soprattutto le più orgogliose, quelle che pensavano di utilizzare le arti magiche per diventare potenti, o anche per vendicarsi dei propri nemici, oppure per ottenere una vita piena di lussi.

Ma proprio le prove da superare per entrare in quei monasteri erano la barriera più impossibile da superare per chi non avesse un animo umile e sinceramente compassionevole. Solo così le pratiche segrete avrebbero potuto restare indisturbate a disposizione di chi umilmente le utilizzava solo per fare del bene.

Per diventare Maestri delle forze energetiche bisognava essere le persone più umili e dotate naturalmente di grande compassione ed amore non solo verso la natura ma anche e soprattutto verso l’uomo.

Per chi pensa che queste arti magiche possano essere una “forza di potere” diventa impossibile superare le prove tanto dure e pericolose per potervi accedere e che sono state ideate proprio per eliminare tutti coloro che non ne sono degni.

Si narra che un monaco kadampa, che doveva attraversare un territorio molto pericoloso, infestato da bande agguerrite e banditi di ogni sorta, avesse affidato alla sua mala (il suo rosario) il compito di proteggerlo.

Aveva chiesto alle sfere di osso che componevano la sua mala, di “bloccare ed allontanare” chiunque si avvicinasse a lui con cattive intenzioni.

Non aveva chiesto di “uccidere” per salvarsi, ma solo di fermare ed allontanare e questo già era una prova di amore anche per i briganti che avessero cercato di assalirlo.

Al calare della sera scelse un posto riparato dove passare la notte, quindi si addormentò nella cavità di un albero. Dormiva profondamente quando poco prima dell’alba, si sveglio sentendo ritornare a ricomporsi la mala nelle sue mani.

Vide i grani tornare ad uno ad uno e formare nuovamente il rosario arrotolato sulla sua mano e, guardando fuori della cavità dell’albero vide molti briganti che scappavano.

Colto dalla compassione ringraziò il rosario che l’aveva protetto ma disse alle energie: “che una parte del denaro che ho nella mia sacca destinato al mio viaggio, quello di cui potrò fare a meno, vada nelle sacche di quei poveri malcapitati per risarcirli dello spavento ricevuto”. E così fu.

I briganti che stavano scappando si accorsero che le loro sacche vuote si erano riempite di qualche moneta e si fermarono, e si voltarono indietro, consci che quel denaro provenisse dalla stessa persona che poco prima li aveva fatti scappare.

Qualcuno se la diede a gambe contento dell’inaspettato bottino, ma altri, capendo il “miracolo” di cui erano stati testimoni, ritornarono indietro, alcuni addirittura facendo delle prosternazioni verso il monaco, che dall’interno del suo rifugio notturno nell’albero cavo brillava come la luna nel cielo scuro.

Lasciarono la loro vita di briganti e lo seguirono fino al monastero Kadampa a cui il monaco era diretto e diventarono degli ottimi monaci possessori dell’arte della magia.

Uno dei test da superare per diventare monaci di quel particolare gruppo, consisteva nell’andare di notte nelle bettole più malfamate, vestito da monaco e di ricevere insulti, derisioni, sputi e spesso anche essere picchiati duramente senza mai rivoltarsi contro le persone che li aggredivano, anzi, spesso chi ne controllava il comportamento stava a verificare se il giorno successivo quei futuri monaci pregavano con cuore sincero per coloro che la sera prima li avevano aggrediti. Questa era una sola delle numerose prove che si dovevano superare per essere ammessi agli insegnamenti “particolari e profondi”. Chi non superava tutte le 81 prove veniva avviato verso altri monasteri di altri ordini religiosi.

Ho conosciuto personalmente alcuni monaci Kadampa della vecchia scuola fondata dal grande Maestro Atisha (la nuova scuola kadampa inglese è tutta un’altra cosa, non c’entra nulla con la vecchia scuola ed è in competizione con l’autorità religiosa di S.S. Dalai Lama). Alcuni furono miei insegnanti, altri li incontrai per caso.

Vidi io stessa un monaco Kadampa, subito dopo la presa del Tibet da parte della Cina, che prendeva antichi libri tibetani da un carro posto poco prima della frontiera fra Tibet ed India e, recitando le sue preghiere “speciali” passare davanti ai soldati cinesi portando in salvo, oltre la frontiera i preziosi manoscritti.

Passò avanti ed indietro per varie volte, per molte ore, ma poi ad un certo punto disse che le energie non erano più favorevoli e si fermò.

Credo che abbia ripreso qualche giorno più tardi, con le energie nuovamente favorevoli, ma la cosa sorprendente è che nessun soldato cinese lo vide passare avanti ed indietro dalla frontiera benchè fossero tutti li presenti.

Conobbi un monaco che era sempre seguito dai Naga, che erano suoi amici, un altro monaco che sapeva trasformare ogni sua cellula in farfalle rosse che si disperdevano al pericolo e che si ricompattavano, formando nuovamente il corpo normale, quando il pericolo era svanito.

Ho sentito parlare di un monaco che in Mongolia, all’epoca della rivoluzione russa era in grado di fare miracoli e che nessuno dei suoi nemici riusciva a prendere. La Mongolia riuscì a resistere per  molto tempo, grazie a lui, agli attacchi dei soldati dell’armata russa.

Si narra negli antichi testi di prodezze effettuate da questo gruppo di monaci, di cui ognuno ottiene delle Siddhi (realizzazioni) personali e diverse da tutti gli altri e spesso si crede che siano solo leggende, ma quando hai cominciato a vedere tu stessa cosa sono in grado di fare dopo questi duri esercizi spirituali e con l’allenamento quotidiano, ti rendi conto che non c’è sacrificio che possa essere troppo grande per raggiungere la capacità di effettuare ciò per cui siamo stati progettati.

Ci sono tante cose che ancora non si sanno, che la società moderna ci vuole nascondere, anche perché non sarebbe più così facile avere in pugno la folla se essa conoscesse la verità.

Ma sappiate che non siamo fatti per soffrire, e nemmeno per sottostare. Siamo menti, anime e spiriti liberi che si sono imprigionate  in corpi materiali e che erroneamente si sono identificati in essi

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