Si deve al calendario Celtico che faceva partire l’anno dal 1 novembre, cioè da quella parte dell’anno che inizia con il buio, con le tenebre così come resta al buio, secondo l’antica tradizione il bambino prima di venire al mondo nel grembo materno.
Finite tutte le incombenze sui campi, raccolti gli ultimi frutti che la terra dona prima del lungo letargo invernale, la natura ed ogni cosa con lei, inizia un lungo sonno che la porterà alla rinascita ed alla Luce e l’uomo inizia un periodo di “riposo forzato” in attesa del ritorno dei lavori agricoli.
Ma la notte più importante, il festival di Samhain era proprio il momento in cui la vita e la morte erano così vicini, cosi similari da poter essere separati solo da un sottile velo.
Solo così i defunti potevano venire nuovamente a visitare i loro cari, il paese e le case e tornare per qualche ora nei luoghi in cui avevano vissuto ed erano stati felici.
Sulle colline, gli antichi celti accendevano dei falò, per dare ai propri cari un calore benevolo ed indicare la strada per giungere al loro villaggio.
Si mettevano sulle finestre delle case, o su ceppi fuori dalle porte, biscotti o dolci fatti appositamente per loro, oppure il cibo che in vita preferivano, per dimostrare loro che ancora erano presenti nei cuori dei loro familiari.
Non c’era paura ne malizia in tutto questo, ma solo la convinzione che in quella notte tutto il mondo visibile fosse sottilmente legato al mondo invisibile.
I timori delle “anime” dei morti e di altre entità malevole, fu radicato solo più tardi, quando la nuova religione subentrata a quella celtica portò con sé il concetto di paura della morte.
I celti erano soprattutto pastori e alla fine dell’estate riportavano le greggi dalle colline alla pianura per trascorrere il lungo e freddo inverno in case dove erano già state accumulate buone scorte di cibo e legna per affrontare l’inverno.
In quel periodo si fabbricavano gli utensili, si stava con la famiglia e si insegnava ai giovani ciò che si poteva insegnare durante le lunghe giornate invernali.
E fra il 31 dicembre e il 3 novembre, per ben tre giorni, aveva luogo la festa di Samhain che, oltre al significato per i propri defunti, aveva anche lo scopo di rafforzare la comunità e di esorcizzare l’inverno ed inoltre di effettuare un rituale che portasse verso la comunità la benevolenza degli dei.
Per tre giorni nei villaggi si viveva la “comunione” di due mondi ben distinti ma nello stesso tempo così simili, cercando di esorcizzare la morte e nello stresso tempo, l’inverno che arrivava inesorabile e dal quale poi sarebbe risorta una nuova vita a primavera.

Il tempo, nella visione celtica era ciclico, e questa festività chiudeva il ciclo dell’anno precedente e apriva il nuovo ciclo temporale, dove ogni giorno successivo portava alla prima festività dell’anno celtico, Yule, che si festeggiava il 21 dicembre.
“I Celti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno, cioè il 31 ottobre, Samhain chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti, che vivevano in una landa di eterna giovinezza e felicità chiamata Tir nan Oge, e che le forze degli spiriti potessero unirsi al mondo dei viventi, provocando in questo modo il dissolvimento temporaneo delle leggi del tempo e dello spazio e facendo sì che l’aldilà si fondesse con il mondo dei vivi e permettendo agli spiriti erranti di vagare indisturbati sulla Terra.”
La tradizione di intagliare le zucche arriva dall’America dove gli immigrati irlandesi si accorsero che le patate e le rape erano troppo piccole per essere intagliate allo scopo di farne piccoli decori da appendere e quindi scoprirono che le zucche erano più comode e soprattutto più grandi e servivano egregiamente allo scopo.
Quindi questa sera, pensa ai tuoi cari che hanno lasciato il corpo, pensa che possono esserti più vicini, che questi due mondi ora sono così vicini da poter essere tangibili e fai loro capire quanto li hai amati